Enzo torna a casa dopo una lunga assenza e nel tragitto ripercorre i luoghi del suo passato, ricercandone i tratti ormai scomparsi: Genova, livida città di mare, è ormai in dismissione. Inizia così La bocca del lupo, primo film fuori concorso del regista e sceneggiatore casertano Pietro Marcello (Auditorium Lilliu, 8 aprile alle ore 18). Nella vecchia casa del centro storico l’aspetta Mary, la compagna di una vita. Nella loro piccola abitazione si sono attesi e amati per tanto tempo, a distanza, per mezzo di audiocassette inviate di nascosto tra le sbarre di un carcere. La bocca del lupo è un’ode malinconica a un mondo perduto e un’affermazione di libertà assoluta. In controtendenza rispetto al cinema contemporaneo, Pietro Marcello rifiuta il digitale e adotta la pellicola, lavorando con la testura in maniera archeologica.
Bella e perduta (9 aprile, ore 21) racconta invece di Pulcinella, servo sciocco incaricato di mantenere il dialogo tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Inviato nelle viscere del Vesuvio per esaudire le ultime volontà di un pastore, custode dell’antica reggia di Carditello, abbandonata nelle campagne del casertano, dovrà mettere in salvo un giovane bufalo di nome Sarchiapone.
Pietro, la retrospettiva rientra nell’Arte del reale. Qual è il tuo sguardo sulla realtà?
“La realtà di per se non esiste, esiste la trasposizione del reale. Lo sguardo sulle cose. Reale può essere anche la ricerca di una fuga dalla vita. Io racconto l’Italia, il territorio e la sua umanità. I personaggi delle mie opere sono come l’uomo in rivolta di Camus, che si ribella alla modernità che non si prende cura delle cose e che invece si preoccupa, presta attenzione a ciò che è stato, è stato tramandato, ha cura morale, prima che materiale”.
In una chiave esistenziale, potremmo parlare di un uomo ferito in un mondo ferito.
“L’industrializzazione posticcia ha creato solo ferite. Siamo intrisi di bellezza e di memoria ma siamo diventati profondamente cinici. Carditello potrebbe essere un patrimonio assoluto, diventa una discarica. Bella e perduta è una metafora: quella reggia rappresenta tutti noi”.
Qual è la via d’uscita da questo buio che ci avvolge?
“La terra: che si rigenera, che si ribella per prima. La rivolta esistenziale come unica strada. Il bufalo è la chiave per capire dove dobbiamo posare lo sguardo: un animale considerato inutile, oggi, perché non produce direttamente qualcosa. Che può diventare un amico, come al tempo dei romani, se solo riusciamo a rovesciare lo sguardo”.