E’ iniziata alle ore 16 la seconda serata di IsReal, il primo Festival di cinema del reale della città di Nuoro. Nella sala dell’Auditorium Giovanni Lilliu è andato in scena “Il silenzio” di Pelesian, di Pietro Marcello. Il film solleva un problematica affascinante: come si filma un cineasta? Marcello risolve la questione impiegando gli stessi strumenti del maestro: il montaggio e il sonoro.
A seguire, dalle ore 18, sono stati proiettati i primi film in concorso: “Territory” della giovane regista inglese Eleanor Mortimer, e “Sponde. Nel sicuro sole del Nord” di Irene Dionisio, storia di un’amicizia possibile tra Tunisia e Lampedura. Alle 21 infine “The living fire”, di Ostap Kostyuk, un ritratto poetico e malinconico, a tratti fiabesco, di una comunità apparentemente perduta nel tempo attraverso lo sguardo di tre generazioni.
Eleanor Mortimer, londinese di 28 anni, racconta la sua pellicola in questo modo: “Ho voluto posare uno sguardo ironico su un lembo di terra di confine, Gibilterra, dove gli abitanti del luogo convivono con una particolare specie di macachi. Gibilterrà è un luogo particolare, dove spesso i popoli delle due sponde tendono a pizzicarsi a vicenda, a provocarsi senza dialogare. Mi piace pensare che in questo contesto ci sia un terzo sguardo, quello degli animali, che godono di una particolare libertà, che li porta a stare dove più hanno piacere: ad avere mobilità. Questo film riguarda lo spazio e il movimento di animali e uomini”.
Eleanor racconta anche del suo nuovo progetto: “Sarà una storia più complessa, un lavoro più lungo, dove catturerò le voci prese al tlefono dei migranti che si trovano in un altro luogo di confine: Calais, in Francia”.
Qui l’intervista video:
Irene Dionisio, torinese di 28 anni, spiega invece il suo “Sponde, Nel sicuro sole del Nord”. Anche qui si parla di mondi che dialogano tra loro osservandosi in maniera speculare: quello della Tunisia e quello di Lampedusa. “Il punto di vista del film è quello dell’orizzonte. Ognuno ha la sua meta, il suo obiettivo; le storie parallele fano intrecciare persone e destini, in una ricerca costante di speranza. Sponde è la storia di due uomini, Mohsen e Vincenzo: il primo conserva oggetti e indumenti dei migranti che non ce l’hanno fatta a superare il mare, il secondo offre una degna sepoltura ai loro corpi”. La regista è sicura: “Il cinema supera le distanze, solo attraverso la comprensione reciproca è possibile trovare nuovi equilibri”.
Qui il video dell’intervista:
Per approfondimenti
www.isrealfestival.it